Giorgione, poesia di Hermann Hesse

Così lascin la terra gli artisti!
Senza giorno di morte, sepolcro o notizia
di vecchiaia, declino, tramonto e dolore!
Qual favola, qual poesia ci giunge
la tua vita: trasfigurata dal piacere,
dall’acre profumo di uno strazio mai gravata.
Forse da passioni e piaceri giovanili
la peste nera via ti ha strappato;
forse di notte, dalla barca ornata a festa
la fredda notte giù ti ha trascinato!

Non lo sappiamo. Di te più non abbiamo
che pochi quadri, la cui dolce potenza
intatta nella sua antica bellezza
ci sorride eterna e immacolata,
e una leggenda che col suo splendore
la memoria tua orna di vincente giovinezza.
Non hai sepolcro. Indomita fu la tua esistenza.
Non appassì. Per noi sei vivo ancora.

Questa poesia di Hermann Hesse, l’ho pubblicata, perché Giorgione era uno degli artisti preferiti di Paola.

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Hesse, diario di viaggio 1901, Ravenna

Martedì, 30 aprile 1901

Pioggia. Ho reso la prima visita all’antichissimo Battistero: i mosaici della sua cupola sono la prima importante testimonianza d’arte paleocristiana che vedo. Il Battistero, con questi mosaici, mi fa un’impressione enorme, indimenticabile. Il Duomo è nuovo, chiaro e sobrio;  buono l’antico campanile. Nel palazzo arcivescovile ho visitato la deliziosa cappellina, con meravigliosi mosaici. Piove, la città mi si mostra nel suo aspetto meno ospitale, inoltre ho un terribile raffreddore; eppure questi mosaici mi procurano un piacere indicibile, e sono molto contento di essere venuto a Ravenna.

Incantevole il giardino dell’Accademia, con alloro, abeti e prato; come alcune piazzette con vecchi edifici grigi e cantucci romantici.  

Nel convento di Classe, usato come museo, molto interessanti i reperti romani ed etruschi; poi una serie d’oggetti intagliati, in avorio, alcuni bei sigilli e resti dell’armatura di Teodorico, interessanti da un punto di vista ornamentale.

Poi San Francesco, col sepolcro di Dante! Ho visitato in pratica tutta la città.

Magnifico San Vitale, con ricchi mosaici; il coro, che n’è completamente coperto, fa un’impressione ricchissima e accecante, ma al tempo stesso grave. La chiesa sembra pericolante; dentro c’è anche acqua.

 Accanto c’è la cappella di Galla Placidia, i cui mosaici sono, se possibile, ancora più ricchi, in particolare il bel mosaico dorato su sfondo blu. L’effetto singolarissimo di questi mosaici è dato in primo luogo dal contrasto tra lo stile arcaico, millenario, e lo splendore dei colori, pieno, ricco, nuovo, così da dare un’impressione d’indistruttibilità ed eternità.

    

Prima di mezzogiorno, ho visitato Sant’Apollinare Nuovo, dove le due grandi pareti della navata centrale sono coperte di mosaici su sfondo d’oro: una meraviglia!  In Sant’Apollinare anche una cappellina con ritratto musivo di Giustiniano e bella sedia vescovile antica, in marmo.

Vicino, il Palazzo di Teodorico.

A mezzogiorno, forte temporale. Dopo mangiato, essendo spuntato ad un tratto il sole, sono andato a passeggio, per far asciugare i miei vestiti bagnati. Ho cercato un’altra volta San Vitale e ho lasciato che i mosaici facessero il loro effetto. Il conto dell’hotel si è rivelato clemente, contro ogni attesa. (Hotel Spada d’Oro. Non caro, ma nemmeno buono)

Nonostante il tempo avverso e le mie precarie condizioni di salute, conservo di Ravenna una grande, importante impressione. La città in sé è tacita, vecchia, interessante sotto molti punti di vista, per quanto ridotta e impoverita.

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“Ravenna”, poesia di Hermann Hesse del 1901

I

Sono stato anche a Ravenna.
E’ una piccola città morta,
ricca di chiese e di rovine,
di cui notizia più d’un libro porta.

 Tu l’attraversi e poi ti guardi intorno,
le sue strade sono torbide e bagnate
e sono da un millennio mute
e dappertutto trovi erba e muschio.

E’ come per le canzoni un po’ passate:
nessuno ride dopo averle ascoltate;
ma poi tutti le voglion riascoltare;
e sino a tarda notte meditare.

 II

Le donne di Ravenna portano
negli occhi profondi e nei teneri gesti
in sé una coscienza dei giorni
dell’antica città e delle sue feste.

Le donne di Ravenna piangono
profonde e sommesse, come bambini quieti.
E quando ridono, pare di sentire
di un testo cupo la chiara melodia.

 Le donne di Ravenna pregano
come bambini:  miti e appagate.
Parole d’amore posson dire:
e loro stesse non sanno di mentire.

                                                                            Le donne di Ravenna baciano
                                                                                 con strana e profonda dedizione.
                                                                              E loro della vita altro non sanno
                                                                          se non che tutti dobbiamo morire.

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“DALL’ITALIA”, Hesse, scrive di Pascoli

Il raffinato poeta italiano Giovanni Pascoli, da poco scomparso, è stato sinora tradotto ben poco.

Adesso, Benno Geiger ha tradotto in tedesco (per i tipi di Kurt Wolff) una piccola raccolta, quasi troppo ridotta, delle sue poesie, soprattutto delle prime. Pascoli è sicuramente difficile da tradurre, non è facile da leggere neppure in originale; inoltre, molti dei suoi delicati Poemetti  sono così carichi della sua musicalità descrittiva che una traduzione pare quasi impossibile.  E’ con vivo interesse che si leggono gli esperimenti di Geiger, e sorprendono la duttilità e la bellezza con cui queste versioni seguono l’originale, nonostante alcune forzature e invero alcuni fraintendimenti.

Meritano partecipazione e rispetto, essendo il primo tentativo serio ed artistico di introdurre in Germania questo pregevolissimo poeta italiano. Pascoli riesce a captare i toni più delicati, a dipingere le atmosfere più interiori: è un maestro del quadretto lirico chiuso, di tipo quasi giapponese; inoltre ha la dimestichezza con i classici tipica dell’italiano colto. Non è improbabile che eserciti la sua influenza anche sulla poesia tedesca.

(da Munchner Zeitung del 5 giugno 1914)

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