Artemisia Gentileschi, genio dell’arte, donna senza tempo

 

La città di Milano, ha reso giustizia al più grande artista femminile di tutti i tempi: Artemisia Gentileschi, con la mostra, più vasta e importante dedicata a questa pittrice. L’esposizione, si è tenuta nel Palazzo Reale di Milano, da settembre 2011 a gennaio 2012. Per l’occasione, sono pervenuti a Milano i quadri di Artemisia, sparsi nei musei e le collezioni d’Italia e del mondo.

Il catalogo della mostra, offre una bibliografia vasta ed accurata, di vita e opere dell’artista, qualcosa che mancava nella storia dell’arte italiana e che si è cercato di completare.

La pittrice, è vissuta in Italia all’inizio del 1600, e la prima mostra si è tenuta a Firenze nel 1991, alla fine del secolo scorso, nella casa Buonarroti. In quel periodo, lavoravo già da cinque anni con la Fulmine di Firenze, mi trovavo spesso in città e non potevo mancare l’occasione di visitare la mostra.

Gli artisti, vivono nelle opere e l’incontro con Artemisia, per me fu un evento eccezionale. Visitai anche la mostra di Milano, più completa ma usata dalle femministe che videro in Artemisia il simbolo della guerra all’uomo.

Artemisia, in alcuni dipinti rappresenta la rabbia nei confronti dell’uomo per vendicarsi della violenza che aveva subito, con gran realismo e convinzione, nei soggetti che la potevano rappresentare, come le Giuditte. (Uffizi e Capodimonte)     ….

Artemisia, visse a Firenze i sette anni dopo il matrimonio “riparatore” del 1612, a seguito delle “scandalose” vicende, dove fu coinvolta a Roma, la città dove nacque l’otto luglio 1593. A Firenze, sono nati i suoi figli, ma col marito fu poi costretta a lasciare la città, dove conducevano una vita dispendiosa ed erano perseguitati dai creditori. Il periodo fiorentino ha impresso alla sua arte un’impronta raffinata. Fu una delle prime donne ad essere iscritta all’Accademia del Disegno di Firenze nel 1616, anche se con la garanzia del padre che per l’occasione andò a trovare la figlia che non aveva più visto dal giorno del matrimonio.

La mostra di Firenze, allestita nella casa di Michelangelo Buonarroti, l’ho visitata ad ottobre 1991. Casa Buonarroti, fu fatta decorare dal nipote, in ricordo del noto zio. Per la decorazione, aveva chiamato gli artisti che lavorano a Firenze fra il 1612 e il 1643 e fra questi, c’è anche Artemisia Gentileschi, da poco trasferita a Firenze da Roma, che il Buonarroti, si dice, paga tre volte in più rispetto ai colleghi uomini, il quadro dell’Inclinazione, un nudo di donna, dove rappresenta se stessa come modella, forse condizionato anche dalle vicende personali dell’artista che avevano contribuito a renderla famosa, oppure, già a quei tempi, la bellezza, aiutava a vendere i prodotti.

Palazzo Reale, ci offre una mostra più grande e completa, rispetto a quella di Casa Buonarroti e diversi studiosi di fama internazionale, si sono interessati alle sue opere.

I critici della storia dell’arte, in prevalenza uomini, per secoli, l’hanno lasciata in disparte e non si sono occupati delle sue opere.

Questi straordinari dipinti che sembrarono usciti dalle mani di un uomo, all’inizio del secolo scorso, attirarono l’attenzione dello studioso d’arte Roberto Longhi, laureato con una tesi sul Caravaggio, si occupò anche dell’influenza che ebbe sugli artisti dell’epoca. Dalla Lombardia, Michelangelo Merisi da Caravaggio, nato nel 1571 a Milano, si trasferì a Roma nel 1592, un anno prima della nascita di Artemisia, primogenita del pittore Orazio Gentileschi d’origini toscane. Orazio, aveva il padre orafo, si trasferì a Roma all’età di tredici anni, nel 1576, e iniziò a lavorare per i Papi, dedicandosi a decorazioni ed affreschi, al lavoro d’orafo e fino all’arrivo di Caravaggio a Roma, non aveva uno stile personale e ben definito e il Caravaggio diventò un punto di riferimento anche per Orazio Gentileschi. Nell’ambiente romano, conobbe la moglie Prudenzia e la sua prematura scomparsa, lasciò solo Orazio ad occuparsi dei figli.

Artemisia, ebbe tre fratelli e all’età di dodici anni, rimase orfana della madre, avvenimento molto efficace, che condizionò tutta la vita della futura donna; la madre, non poteva ostacolare le scelte della figlia, come succede anche ai giorni nostri alle ragazze che vorrebbero intraprendere questo mestiere e per quei tempi, Artemisia, rappresentò un evento eccezionale.

Orazio, si trovò solo con quattro figli ed Artemisia, aiutava il padre nello studio, preparando i colori, le tele e dipingendo gli abiti delle figure, sostituendosi ad un vero e proprio garzone di bottega, mentre il padre, aiutato anche dagli altri figli, lavorava nei cantieri degli affreschi romani. Riscontrando il talento della figlia, il padre compiaciuto, non la ostacolava, e si serviva di lei anche come “modella”.

Artemisia, entrò nelle grazie del padre che cercava di proteggerla dalle insidie della vita, tenendola sempre a casa e non era ancora sposata, come le ragazze dell’epoca, che lo erano già a dodici, tredici anni e non si sarebbe mai sposata, se la convivenza col padre non fosse stata sconvolta da un imprevisto che cambiò radicalmente la sua vita, distruggendo il rapporto fra padre e figlia.

Agostino Tassi, collega e amico intimo del padre, lavorano insieme negli affreschi e aiuta anche Orazio ad allontanare gli spasimanti di Artemisia e fra questi, un giovane pittore di Modena.

Tassi, soggetto controverso, e con amicizie influenti, era un esperto di prospettiva e paesaggi, baro da osteria e frequentatore di prostitute, duplicava anche i quadri dei pittori dell’epoca, riuscì a conquistare la fiducia di Orazio e a sedurre Artemisia con l’inganno. Orazio era il buon padre di famiglia, mentre Agostino era un soggetto scaltro e senza scrupoli e con varie relazioni sentimentali. Colpito dalla bellezza di Artemisia e per restare solo con lei, si offrì come maestro di prospettiva. L’ingenua Artemisia, non poteva sospettare che il maestro, l’avrebbe separata per sempre dal padre e resa autonoma e indipendente anche nell’arte.

Il Tassi, con la forza e il raggiro, obbligò Artemisia a diventare la sua amante, all’oscuro del padre e con una falsa promessa di matrimonio. L’amore, durò nove mesi e quando Artemisia scoprì che il Tassi era già sposato e aveva anche una relazione con un’altra donna e che non l’avrebbe mai sposata, raccontò tutto al padre che disperato dal tradimento dell’amico e della figlia, denunciò Tassi per stupro, aiutato da un avvocato che Orazio ospitava a casa sua. Artemisia sposerà il fratello di questo Avvocato, anch’esso aspirante pittore, ma che non sarà ben visto dal padre Orazio che considerava un fannullone. Artemisia, col suo lavoro di pittrice, dovrà mantenere il marito e la famiglia. Il marito, aiutava Artemisia nella vendita dei quadri e non ha mai ostacolato il suo lavoro e il matrimonio, non fu del tutto negativo.

Il processo di Artemisia, diventò di dominio pubblico. La seduzione della donna senza contrarre matrimonio, a quei tempi, era un grave scandalo, perché ledeva l’onore del padre; la figlia violata, doveva farsi sposare dal suo amante e in quel caso, non era possibile, perché il Tassi, aveva sposato un’altra donna per lo stesso motivo, che abitava in un’altra città. Al processo, Agostino Tassi, con falsi testimoni tentò di calunniare Artemisia, facendo credere che fosse donna di facili costumi. Dopo una breve carcerazione preventiva, fu condannato all’Esilio da Roma per cinque anni, dove in teoria, non poteva più lavorare. Il Tassi, non scontò mai la pena dell’esilio, anzi, portò a termine i lavori che aveva in comune con Orazio Gentileschi, e riuscì a separare per sempre la figlia dal padre.

Fu Orazio Gentileschi, il padre di Artemisia, a subire il danno più grave e l’esilio senza condanna.

A modo suo, Agostino Tassi, era riuscito a “sposare” Artemisia e a rendere la sua vita e l’arte indipendenti da quella del padre e a mio parere Tassi, non può essere visto soltanto come un soggetto negativo per la formazione di Artemisia, com’è considerato delle femministe, che sfruttano Artemisia come la vittima di uno stupro, mentre Artemisia è una donna forte e vincente, vissuta in anticipo rispetto al suo tempo, nonostante il torto subito.

Agli artisti, tutto era concesso e se non avesse incontrato il Tassi e non avesse lasciato il padre la sua arte non poteva diventare autonoma da quella del padre, restava una sua dipendente. Artemisia stessa, divenne una donna emancipata e libera, per i costumi dell’epoca. Intrattenne anch’essa più relazioni sentimentali come gli artisti uomini, anche se all’epoca del fatto che l’ha resa famosa, non era, la donna di facili costumi che voleva far credere il Tassi all’autorità giudiziaria.

In seguito, viaggiò molto e si trasferì in diverse città e riuscì a vivere la parità assoluta, ad essere responsabile delle sue azioni e ad intrattenere relazioni non solo sentimentali, ma anche di lavoro con i principi e i monarchi dell’epoca e con la committenza delle opere d’arte.

Artemisia, donna libera e responsabile, si realizzò in tutti i settori della vita senza le frustrazioni e le paranoie delle donne d’oggi, viziate e irresponsabili, nonostante le difficoltà del periodo storico e le sofferenze che la vita le riservò. Le femministe non saranno mai all’altezza di Artemisia, prototipo della donna futura.

Artemisia, dopo lo scandaloso processo, sposò il fratello dell’Avvocato fiorentino che assisteva suo padre nel processo e si trasferì a Firenze, mentre il padre, dopo trentasei anni, lasciò Roma e iniziò a lavorare in diverse città d’Italia e d’Europa e si sposta a Londra nel 1626, dove restò fino alla fine.

Artemisia, col matrimonio, diventò una donna libera e indipendente, viveva della sua arte, lontano dal padre e il suo stile diventò più realista e raffinato di quello del padre. Col marito, ebbero quattro figli, ma sopravvisse solo una figlia. L’arte, portò Artemisia all’emancipazione e il marito scomparve dalla sua vita, quando ritornò a Roma, nel periodo fra il 1620 – 1627, dopo i sette anni vissuti insieme a Firenze. Tra il 1627 e il 1630, transitò a Venezia, e in questo periodo ebbe una relazione con un musicista e nacque una figlia. Dal 1630 al 1638 lavora a Napoli alla corte dei Vicerè. Dal 1638 al 1640 è chiamata a Londra ad aiutare il padre, alla Corte di Carlo I. Il 7 febbraio 1939, a Londra, muore il padre e nel 1940, Artemisia, ritorna a Napoli, dove rimarrà fino alla fine, nel 1654. La prima opera autonoma, firmata di Artemisia è “Susanna e i vecchioni”, qui, rappresenta se stessa e gli uomini più importanti della sua vita: il padre e Agostino Tassi, anche se Tassi, non le è mai piaciuto. Questa opera, secondo la critica, è del 1610, lo stesso anno della scomparsa di Caravaggio…Continua.

Da leggere: “Artemisia Gentileschi” – catalogo della mostra di Palazzo Reale.   Hai visitato la mostra? Scrivi le tue impressioni e saranno pubblicate di seguito.  Visita anche questo sito: www.paolapetrini.it

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3 Responses a “Artemisia Gentileschi, genio dell’arte, donna senza tempo”

  1. […] non ero molto presente, preferivo andare a visitare la cattedrale, uno straordinario esempio d’arte romanica o la Galleria Estense. Avevo deciso di partecipare a quella Fiera, perché volevo capire […]

  2. […] Paola, era a contatto con questi artisti e desiderava imitarli, voleva diventare anch’essa una pittrice. Al Liceo artistico, non c’insegnavano le tecniche della pittura ad olio, e se ne sentiva la […]

  3. DJsavana ha detto:

    je plonge dans tes posts plus aninecs…Il y a un film qui a ete realise sur Artemisia, par une realisatrice, la meam qu’un film sorti recemment (Dorothy). Dans le film, la the8se est qu’elle a ete la maeetresse d’un peintre, en meame temps que sa disciple… Je me demande pourquoi la real a choisi cette interpretation-le0… Mais c’est pas un tres bon film de toute faeon, il y a des scenes tres clichees sur la comprehension de l’art, d’apres mes vagues souvenirs… L’impression de voir une succession de scenes deja vues dans tous les films en costumes sur l’epoque (= scene de feate decadante/ “bordel”, ou encore sur le rapport maeetre disciple, etc)

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